L’impianti di approvigionamento dell'acqua costituiscono una delle infrastrutture più importanti dal punto di vista economico. La maggior parte degli investimenti su questo tipo di strutture è effettuato da aziende o enti pubblici, tuttavia da alcuni anni a questa parte si sta assistendo a una tendenza a privatizzare l’acqua in molti paesi, sia sviluppati anche in via di sviluppo. Inizialmente si pensava che la privatizzazione fosse positiva vista la tendenza del libero mercato alla competizione e quindi all'abbassamento dei costi. Nonostante ciò finora è avvenuto l’esatto opposto ovvero un innalzamento dei costi che in alcuni paesi in via di sviluppo non può essere sostenuto. Un’altra conseguenza che non va ignorata è la tendenza allo spreco idrico
Nel 2011 l’Italia ha espresso la propria opinione riguardo alla privatizzazione dell’acqua nella penisola. Nonostante abbia vinto “il no” da alcuni anni a questa parte c’è stata una corsa alla privatizzazione in cui prevalgono principalmente 4 aziende, quotate in borsa, e per il quale il profitto conta, ovvero: A2A, Iren, Hera, Acea. Secondo il Forum Italiano dei movimenti, l’unico modo per superare gli interessi economici e preoccuparsi veramente del consumo e della preservazione dell’acqua è una gestione territoriale, pubblica e partecipativa al servizio idrico. Tuttavia questa soluzione non è molto applicabile anche visti gli ingenti investimenti necessari soprattutto al sud
Le risorse idriche nel mondo non sono ben distribuite, quindi troviamo paesi con abbondanza di acqua (ad esempio l’Italia) e paesi in cui sia causa della posizione geografica, sia a causa dell’elevato numero di abitanti non riesce a soddisfare il fabbisogno idrico di un paese. Dove l’acqua scarseggia spesso di vengo a creare delle situazioni di “tensione idrica”, soprattutto se la risorsa di acqua è condivisa tra più paesi. Alcuni esempi di queste tensioni sono tra Egitto, Sudan ed Etiopia o tra Israele, Giordania, Siria e Libano per il fiume Giordano.